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L'antropizzazione dell'ambiente naturale da parte dell’uomo


 

L’idea era di andare sul Monte Meta (2242 m) nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM), partendo dalla località Pianoro di Campitelli (1420 m) - (Alfedena AQ). Arrivato al Passo dei Monaci, (1967 m), un Guardaparco mi ha avvisato che dal 1 agosto al 9 settembre 2019 è scattato il numero chiuso per i turisti. Il motivo del provvedimento stagionale è per la tutela dell’orso marsicano e del camoscio appenninico. Nella stagione estiva i camosci e gli orsi, si alimentano in maniera continuativa, per prepararsi ad affrontare l’inverno nelle migliori condizioni fisiche. È pertanto opportuno evitare di disturbarli. Quindi ho

 

 

cambiato il programma e sono arrivato alla cresta della Metuccia (2155 m). Il percorso per raggiungere questa vetta, attraversa tre regioni e si rivela molto interessante, per la varietà degli ambienti che si incontrano, per i pietrosi altopiani e per i continui cambiamenti dei panorami. Il segnavia ROSSO BIANCO del sentiero è L1. I Monti della Meta, sono una piccola catena montuosa al confine tra Lazio, Abruzzo e Molise e comprendono i comuni di Alfedena (AQ), Picinisco (FR) e Pizzone (IS). Le montagne più basse dello stesso massiccio, al confine tra Lazio e Molise, sono chiamate Mainarde. Sono montagne in cui la

 

 

presenza dell'uomo era permanente e non stagionale e pastorale, come per i Monti della Meta, per il clima meno rigido. La prima parte del sentiero L1, è protetto dal sole per la fitta faggeta e termina a (1712 m). Proseguo sul prato della conca dei Biscurri, un grande altopiano pietroso compreso tra la Meta e il monte Tartaro, sino al Fortino Diruto, (1775 m) - (che è rovinato n. d. r.). Il Fortino era un’antica casermetta utilizzata nella seconda metà dell’Ottocento, sia per vigilare le bande dei briganti, che in quel periodo si rifugiavano sui monti per fuggire all’assedio della Guardia Nazionale e sia per assicurare il passaggio ai monaci, ai

 

 

pastori ed ai commercianti, che si dirigevano al Passo dei Monaci, (1986 m). Il sentiero L1, seguita in leggera salita, attraversa un ghiaione morenico, da percorrere con attenzione per arrivare alla sella che separa il monte Miele dalla Meta stessa (1960 m). Il sentiero si sposta ora sul versante sinistro del crinale, scendendo normalmente per arrivare al Passo dei Monaci. Questo passo era un importante valico mulattiero, per i commercianti, per i pastori ed i monaci benedettini, (l’unico collegamento fra il Lazio e l’Abruzzo), che collegava il paese di Picinisco (FR) con quello di Alfedena (AQ). Dalla tradizione orale, sono venuto a conoscenza

 

 

che i monaci percorrevano il sentiero, situato ai piedi delle Mainarde, nel versante molisano del Parco, che non è comodo, ma è breve, per fare la spola tra l’Abbazia di Montecassino e quella di San Vincenzo al Volturno. C’era l’abitudine che i monaci arrivati al passo, posavano una pietra, che con gli anni, hanno formato cumuli ben visibili alti un paio di metri, al centro del pianoro. Diciamo che era un “grosso omino” che facilitava ad individuare il passo, quando c’era la nebbia. Il nome del “passo dei monaci”, trae origine da una leggenda, che narra la morte di tre monaci nel tentativo di superare il valico, durante una tormenta. Per il divieto di salire sul Monte Meta, seguo il sentiero M1 che parte

 

 

dal pianoro delle Forme, conosciuto anche come valle Fiorita (1400 m) – Pizzone IS - che farò a scendere, percorrendo la Valle Pagana. Cammino su un filo di cresta, le rocce verticali precipitano a strapiombo su circhi glaciali, tra balzi rocciosi e canali ed ho l’emozione di volare sulla sottostante val Pagana. Mi fermo su un terrazzo (2087 m) per riposarmi e mangiare il panino. Sembra un cratere! Il panorama è dominante, a 360°, che, nei giorni di visibilità perfetta, permette di osservare il Gran Sasso, il Vesuvio, la Maiella, la pianura di Cassino, il Monte Meta ed il suo gendarme, da un’altra prospettiva più godibile. A pochi passi c’è il monte Metuccia (2105 m) ed a destra l'appuntito

 

 

profilo del Monte a Mare, (2160 m). Scendo con molta attenzione sul ripido pendio erboso e sassoso della Valle Pagana, poi, a mezza costa, raggiungo una piccola fontana con acqua sorgiva (1780 m), restaurata dagli alpini del gruppo Mainarde. Un rumore di foglie secche mi fa fermare. UNA VOLPE…per niente paurosa, si avvicina, (non so se è maschio o femmina) e si lascia fotografare… (può darsi che era femmina)! Si è a conoscenza che è un animale molto furbo e che mostra una grande adattabilità al cibo. Per questo motivo si avvicina molto all’uomo. Il sentiero è molto frequentato ed alcuni escursionisti le hanno dato da mangiare. Il primo imbocco lo ha nascosto vicino un albero,

 

 

scavando una buca. Anche il secondo, stessa sorte ma, in un altro posto. Poi ha mangiato lei. Purtroppo il genere umano ha trasformato l’ambiente (antropizzazione) e la volpe si è adattata. Seguito a scendere, supero il piccolo rifugio Le Forme del CAI di Isernia (1410 m), presso la presa dell’acquedotto e già si vede il Pianoro delle Forme o Valfiorita (Pizzone - IS) (1400 m). Ci sono autobus e molte vetture parcheggiate. Centinaia di persone scelgono questa località per la bellezza dei faggi che sono stati censiti come monumenti naturali, per il diametro dei tronchi, l’altezza, per il fogliame. È presente un piccolo lago ormai quasi asciutto, dove gli animali pascolavano. Il pomeriggio torrido, con temperatura che sfiorava i trenta gradi, mi ha consigliato di fare l’autostop per tornare al parcheggio del Pianoro di Campitelli, distante circa cinque chilometri, (un’ora di cammino)! Sono stato fortunato, un giovane mi ha dato un passaggio. Percorso stupendamente bello: roccia, prati, geologia, panorami, flora, fauna, storia, cultura, tradizione...
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Distanza:10 km  Dislivello: 750 m  Tempo: 5 h senza soste  Difficoltà: E/EE


 

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