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UNA SEMPLICE ESCURSIONE MA CON LA MENTE ECCITATA


 

Può capitare che all’improvviso, nella mente di una persona, si manifesta una eccitazione, per raggiungere un qualche cosa che non era programmato. Questo stato d’animo può essere pericoloso ed ho sempre avversato chi si è lasciato incantare. È capitato a me! Una escursione semplice e nel bosco, per ripararsi dal sole e dal caldo, è il sentiero che da Vado di Focina (1383 m) arriva al rifugio Ricotta (1517 m) a Campo Imperatore. “Segnaletica 279 “. L’escursione si trova nel territorio di Villa Celiera PE, nella riserva regionale Voltigno e Valle d’Angri ed è all'interno del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Parcheggiata la vettura al Vado di Focina, il visibile sentiero inizia immediatamente sulla destra. Il primo tratto è abbastanza ripido,

 

 

ma breve. Il percorso è un continuo saliscendi, in una bellissima e curata faggeta dove ci sono alcuni tronchi caduti. Attraversata la VALLE MASTROROCCO (1374 M) e la VALLE CATERINA (1474 m), si arriva ad un terrazzo, (1520 m), dove bisogna fermarsi e fotografare una delle più belle viste del Gran Sasso. Si distinguono il Monte Bolza, caratteristico con la sua cima a forma di cappello di alpino e un po’ più lontano..., il Cefalone, il Gran Sasso con le tre vette (orientale – centrale – occidentale), il Vado di Corno dove inizia il sentiero del centenario con il Brancastello - le Torri di Casanova - l’Infornace - il Monte Prena - Vado di Ferrucio e, di fronte al terrazzo, quasi da poterlo toccare, il Monte Camicia. Sono vette che vanno dai 2500 ai 2900 metri.

 

 

Poi, la piana di Campo Imperatore, il piccolo Tibet d'Abruzzo. La vista spazia all’infinito e dopo aver scattate tante foto, proseguo il cammino verso il Rifugio Ricotta, (1518 m), che si affaccia sulla piana di Campo Imperatore. Arrivato al cartello MALEPASSO (1515 m), sulla sinistra noto un paletto con indicazione 277 verniciato di fresco, un sentiero a mezza costa e ombroso. I prati sono pieni di Verbasco (Verbascum thapsus), definita anche “Tasso barbasso”. È una pianta officinale erbacea biennale con molteplici proprietà curative: rinfrescante, decongestionante, antisettica, diuretica, analgesica, utile in caso di tosse, catarro, bronchite e laringite. Ha un colore giallo - oro a cinque petali. Decido di seguire questo sentiero per chiudere così l’anello.

 

 

Attraversando una radura ripida erbosa, vedo alcuni omini che conducevano verso l’alto. Nella mente mi sarà balenato un qualcosa che mi ha spinto a… salire. Immediatamente il terreno si è mostrato difficoltoso, sia per l’erba alta che per un tappeto di ginepri che dovevi per forza calpestare e dove, come un materasso, affondavi sino al ginocchio. Ogni tanto vedevo un omino, ma dovevo arrivare alla sella per orientarmi e raggiungere il Monte Meta (1784 m) che spuntava fra gli alberi. La salita è stata ripida, rocciosa e faticosa. Un fruscio e una veloce apparizione di … UN PICCOLO CAMOSCIO, mi fanno sobbalzare, così non ero più solo. All’inizio non mi ha visto, ha seguitato a camminare, poi si è fermato, si è girato. Si è messo in posa e si è

 

 

lasciato fotografare. Si sarà chiesto chi era l’estraneo! Il mio disturbo quasi impercettibile, immediato, è stato un clic…però gli uomini possono fare danno e rumore con un boom! Seguito a camminare e quasi vicino alla sella, un ungulato selvatico, questa volta adulto, ha spiccato un volo in alto, come un canguro e con pochi salti si è nascosto… Era un capriolo. Anche lui aveva problemi per camminare in mezzo ai ginepri! Pochi minuti dopo, una bellissima volpe, con la pelliccia lucida, ben messa in carne. Nessun paragone con le volpi antropizzate, che vivono vicino ai bidoni della spazzatura. Uscito dal bosco, finalmente mi oriento e mi trovavo sull’anticima di Monte Meta (1763 m). Tornare indietro era impossibile, quindi bisognava andare avanti. Ho scelto il

 

percorso roccioso di cresta, per liberarmi dal letto morbido del ginepro. Questo percorso procede lungo una parete verticale che si affaccia sulla Vallestrina (1550 m). Occorre fare molta attenzione a non inciampare, scivolare ed avere un passo sicuro. Passato questo pericolo, si scende ancora sul ginepro, per arrivare alla sella di Monte Meta. Finalmente! Breve sosta impreziosita dal colore del Giglio di San Giovanni. Un fiore raro e protetto. È molto vistoso, di colore arancio o rosso-arancio, chiazzato di giallo. Si innalza dal terreno timidamente, mostrando tutta la sua bellezza e crea uno straordinario effetto cromatico con il verde dei prati e con i colori degli altri fiori di campo. Ce n’erano diversi e contemplarli mi hanno fatto riposare. Ora

 

 

bisogna raggiungere la Valle del Voltigno e la fonte Cornacchia (1390 m) con il grosso stazzo. Già immaginavo quello che avrei trovato arrivando nella vicinanza dello stazzo. Circa cinque cani pastori iniziano ad abbaiare, dirigendosi verso di me. Ho estratto dallo zaino il fischietto ed ho iniziato a fischiare. Il suono è servito probabilmente a svegliare il pastore che ha strillato ai cani che si sono rabboniti. Però, per raggiungere l’uscita, dovevo per forza attraversare la Piana del Voltigno dove stavano pascolando una mandria di buoi e cavalli al lago sfondo (1364 m) e più avanti, c’era un altro gregge. Ho cercato di vedere se c’era qualche forma umana… illusione. Quindi sono rimasto su questa prateria erbosa e ripida, camminando con difficoltà, per trovare

 

 

una via di fuga e per non essere assalito dai cani. Questo contrattempo mi ha procurato ad allungare il percorso e perdere tempo. Non si può accettare che un escursionista venga bloccato dai cani, che fanno sì il loro dovere, ma se tu non invadi il loro territorio, devono rispettare le persone. E i pastori? Insomma, alla fine stanco arrivo al Vado di Focina dove si è chiuso l’anello. Era pieno di gente e alcune vetture erano parcheggiate oltre la sbarra. Ma i problemi non sono ancora terminati. Non ho fatto i conti con gli idioti, con le persone vigliacche che agiscono di nascosto e che devono fare i danni. Si sentono realizzati solo se li procurano, vedi i bivacchi, i rifugi, la sporcizia sui sentieri. Lo specchietto retrovisore sinistro della mia macchina, parcheggiata

 

 

perfettamente lato monte e con lo spazio sufficiente per far passare le persone, che preferivano camminare sull’erba invece che sull’asfalto, era stato forzato e divaricato. In genere si chiudono e infatti, il deflettore destro, lato strada, lo avevo chiuso. L’occhio ha notato a terra sull’erba, un pezzo di plastica che si era staccato dallo specchio. Delicatamente, per non creare guai, ho sistemato lo specchio in posizione orizzontale e… in macchina! La libertà di rischio è una responsabilità personale. Ognuno la gestisce come vuole. Importante è non coinvolgere altre persone, specialmente i volontari. Non ripeterò questa avventura, su una traccia di sentiero. Non bisogna fidarsi degli omini, delle strisce di plastica appese sugli alberi, degli spruzzi di vernice sulle rocce. Se non c’è la segnaletica significa che il sentiero non è accatastato e il parco avrà i suoi motivi. Restano i panorami, la solitudine, la flora con i colori dei fiori che hanno abbagliato i miei occhi, la fauna selvatica. Poi gli idioti, e la non sorveglianza del pascolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Distanza A/R: 11 km  Dislivello:560 m  Tempo: 4,30 h senza soste  Difficoltà: E/EE


 

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