SULLA TRACCIA DI UN SENTIERO ABBANDONATO
Circa un secolo fa una frana interruppe
il sentiero che dalla località Balzolo di Pennapiedimonte CH, (710 m), Parco
Nazionale della Maiella, conduceva alla sorgente del Linaro (946 m). L’acqua di
questa sorgente disseta molti cittadini della zona oltre a formare il torrente
AVELLA che scorre dell’omonima valle. Il nome AVELLA ha origine dalle piante
dell’Avellana, coltivate su questa valle, che producono il frutto del nocciolo.
I pastori hanno frequentato per secoli questo territorio, costruendo circa 180
grotte, ma anche gli eremiti hanno trovato in questa valle un alloggio per la
loro scelta di vita.
La traccia di sentiero inizia da questo terrazzo che immediatamente si inerpica,
per arrivare a PRANNASERRA, (PIANO COLTIVATO), (950 m). A testimonianza della
faticosa vita agricola dei residenti, ci sono i terrazzamenti che definivano i
campi. Si coltivavano patate e grano, si raccoglieva il foraggio per gli
animali, c’erano alberi da frutto. Seguendo questa traccia, si incrocia il
sentiero del parco G1 in località LA CROCE (1055 m). Il sentiero G1 arriva al
Rifugio Pomilio (1890 m). Un altro sentiero raggiunge la Grotta di Fratanalle
che era un Eremo, poi adattato a grotta pastorale, dove trovarono ospitalità sia
le greggi che i monaci. Un altro sentiero è quello che raggiungeva la sorgente
del Linaro, interrotto dalla frana. Non è semplice seguire la traccia per la
fitta vegetazione ed i rovi, ma quasi all’improvviso spunta una scultura
naturale a forma di CONIGLIO (1060 m). Non puoi fare a meno di fotografare,
girargli attorno, alzare lo sguardo, restare incredulo.
Proseguendo il cammino esplorativo, si arriva al CANTONE ROSCIANO. Devi fermarti
e riflettere perché c’è un lungo corridoio con gli scalini, scavati nella
roccia. Lo hanno realizzato i boscaioli ed i pastori per agevolare il passaggio
delle pecore e dei muli che trasportavano la legna. Con quanta intelligenza e
fatica, con le attrezzature che avevano, hanno lavorato. Poco dopo, questa
traccia finisce, inizia la frana e ci affacciamo sulla VALLE FUNDA, (valle
profonda), che termina sulla strada bianca. Le previsioni meteo sono state
rispettate… pioggia verso mezzogiorno… Bisogna tornare indietro e per chiudere
l’anello, per non affrontare la placca rocciosa, ho preferito passare per la
ripida discesa che prosegue nella zona “lu ceràscë”, “il ciliegio'. Questa zona
era frequentata e coltivata. Ci sono dei ruderi e su uno di essi ci sono delle
incisioni. Arrivato al Balzolo, una fitta nebbia avvolgeva la PENNA O DEA MAIA,
toponimi che non piacciono ai residenti. Loro chiamano questo caratteristico
sperone roccioso con un grande arco di roccia, CIMIROCCHE, (CIMA ROCCA).
La mia immaginazione, confortata da una leggenda, rappresenta questo sperone
roccioso alla DEA MAIA, inginocchiata, con la testa abbassata, che avvolta nella
nebbia, ha preso una immagine di mistero, un alone di magia, mentre veglia la
tomba del figlio Mercurio, il dio messaggero. La nebbia lugubre, scura, il
silenzio, l’emozione, hanno evidenziato maggiormente la sua sofferenza. Sembrava
che accarezzava suo figlio per asciugargli l’acqua.
Purtroppo, spero di sbagliarmi, la storia dei pastori, la tradizione delle
pecore, la cultura delle costruzioni delle grotte, gli eremi, le scale, saranno
dimenticati per sempre, se non ci sarà la possibilità di percorrere i sentieri.
Questi sentieri dovranno essere aggiunti al “CATASTO DEI SENTIERI”, manutentati
e con segnaletica, perché sono ostruiti dai rovi, dai ginepri, dai pini mughi,
dalle frane, quindi abbandonati. Ora c’è un cartello del parco con la LETTERA A
(RISERVA INTEGRALE). Per conoscere queste storie, resteranno i racconti, le
leggende, i libri.
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