All’ermo di Sant’Onofrio - Serramonacesca
Alla partenza, ore 10 legale, il termometro segnava 20 gradi. Prendo la carrareccia per il PIANO DI TARICA e immediatamente vengo attratto da un fiore “Hepatica nobilis Schreb” - Anemone fegatella - L'origine del nome deriva dalle foglie trilobate (formate da tre lobi) che ricordano approssimativamente la forma del fegato. Il colore dei petali blu intenso, l’ovaio verde dal quale escono i numerosi e lunghi filamenti filiformi bianchi, questa combinazione di colori esplosivi, mi hanno rapito. I prati sono pieni di “margherite e Veronica comune”. I colori… bianco e azzurro. Cammino nel silenzio, calpestando l’erba profumata che sta nascendo che restituisce il colore verde ai prati, nascondendo le foglie gialle. L’emozione dei colori mi accompagna per tutto il percorso. Ecco il fiore timido che fiorisce subito dopo lo scioglimento della neve…annunciando la primavera.
Il “Crocus vernus”, il nome comune
(zafferano selvatico). In alcuni spazi il verde dei prati è stato conquistato
dal colore dei suoi petali, tendenti alla tonalità del viola: porpora, blu,
lilla e anche bianchi. All’interno della coppa ci sono i filamenti vermigli.
Questo fiore ha anche un intenso profumo. La mia meraviglia è stata nel vedere,
percorrendo la stessa carrareccia per il ritorno, che c’erano tanti più fiori,
che in poco tempo crescono e si aprono. E la “Violetta Gialla” di montagna? Non
puoi non fermarti a contemplare le capanne di pietra, l’ampio panorama sul Gran
Sasso, il Morrone, i monti della Laga, le Cime della Majella, IL MARE. In questo
territorio sono ancora visibili i resti delle costruzioni dei centri fortificati
megalitici, che presidiavano le alture e gli accessi ai pascoli della civiltà
italica (secoli IX - VI a.C.). Considerando che il rientro è in salita, al
sentiero che è lungo, accelero il passo per arrivare al Fosso San Onofrio ed
all’ermo di Sant’Onofrio, a quota 680 metri. Il sentiero è indicato con la
lettera “S”: (Sentiero dello Spirito).
I benedettini per realizzare l’eremo, hanno sfruttato una cavità naturale che hanno chiuso con un muro. Anticamente il tetto era più basso e si vedono ancora sulla roccia i buchi che lo reggevano. Alla fine della guerra, nel 1948, un certo numero di fedeli ha modificato l’eremo secondo il modello attuale, posizionando anche una campana. L’eremo è sempre aperto e molto frequentato. Sul lato destro dell’altare è ricavato un giaciglio detto "La Culla di Sant'Onofrio", ricavato nella rupe e luogo di riposo del Santo. In seguito, questo giaciglio è stato usato dai fedeli per il “rito dello strofinamento”, sul quale i fedeli si sdraiano per guarire dal mal di pancia e dalle febbri ostinate, secondo l’antico rito della litoterapia. La Litoterapia è un metodo che utilizza l’azione benefica delle pietre usate come medicina alternativa. La litoterapia è in grado di liberare un dato metallo nell’uomo dove, o per assenza o per diminuita attività di un processo enzimatico, ciò non si verifica naturalmente. La roccia dove uno si sdraia, probabilmente “quarzo ialino”, per molti secoli è stato
considerato un materiale dotato di formidabili poteri magici e di culto che allontana il male. Il 12 giugno è la festività di San Onofrio e numerosi fedeli raggiungono l’eremo, ascoltano la Messa con molta devozione e si bagnano alla fontana la cui acqua è ritenuta salutare. I monaci hanno realizzato sul sentiero, a tratti roccioso, degli scalini per rendere più agevole il percorso. Ora, bisogna abbandonare questo posto e pensare alla lunga e impegnativa salita, per tornare a Passo Lanciano, fermandomi un attimo al “cimitero del bosco bruciato”. Scheletri di tronchi neri, rami, sottofondo boschivo non percorribile per i rovi e i rami. Non ci sono problemi, il bosco rinascerà naturalmente. |
|
Distanza: 15 km Dislivello: +/- 780 m Tempo: 6 h senza soste Difficoltà: E/EE
|